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Il progetto del paesaggio 2/2

parte 2 di 2


Il rapporto fra giardinaggio e paesaggio è analogo a quello istituito dal Croce tra letteratura e poesia. Essendo "il paesaggio prodotto dall'uomo, esso è opera artistica, e non è opera d arte, esteticità raccolta, quali sono i giardini". La sottile distinzione filosofica fra artistico e arte, pur essendo entrambi prodotti dall'uomo, ha indotto a considerare il paesaggio naturale alla pari del paesaggio costruito, la così detta Landscape Architecture, arte di predisporre ordinare esteticamente le differenti aree paesaggistiche dell'insediamento e delle attività umane. Le esigenze dello sviluppo economico hanno ulteriormente sviscerato l'analogia estetica fra il paesaggio costruito e quello naturale.


Essendo analoghi , esteticamente omologhi, l'ambiente costruito e quello naturale possono essere scambiati l'uno con l'altro, giacché l'insediamento umano può aspirare a imprimere al paesaggio qualità artistiche superiori a quelle conferite dalla natura. L'ambiente naturale finisce così per essere abbandonato a se stesso in attesa di una riqualificazione estetica o di un suo utilizzo economicamente remunerativo. Anche la filosofia, a volte, può aiutare la speculazione edilizia, almeno ha aiutato a sottovalutare la cultura dell'ambiente naturale.



Con molta pazienza e con alcuni esempi dimostrativi, si è potuto sostenere che, nei centri storici, non c'erano solo i monumenti da salvaguardare; l'edilizia minore è anch'essa degna di essere tutelata e mantenuta. Anzi, senza l'edilizia minore non si potrebbe ottenere lo stesso mantenimento dei monumenti. Non solo. Conservare l'edilizia minore è il cardine per continuare ad attribuire la presenza umana all'interno dei centri storici.



Il bilancio, come tutti i bilanci, è stato estremamente positivo. Il dibattito sui centri storici è stato molto avvincente. Peccato che, mentre si svolgeva, c'è stato chi ne ha approfittato, continuando a sostenere tesi favorevoli ai nuovi intenti, impoverendo ulteriormente i centri storici. Le nostre città sono diventate sempre più metropoli e sempre meno urbs e civica.

Con il "paesaggio" e i relativi "piani paesistici" di cui alla legge Galasso del 1985 sta succedendo la stessa cosa. Si ripete lo stesso scenario. Con molta fatica sono stati fatti alcuni piani paesistici . Non tutte le regioni li hanno fatti e, quelle che li hanno fatti, non sempre li hanno elaborati secondo i criteri della legge istitutiva. Poche anche le sopraintendenze ai Beni Ambientali e Architettonici che si sono sostituite all'ignavia delle regioni assenteiste, evitando guasti ulteriori.



L'ambiente naturale, in sé per sé, non esiste più nel nostro paese. Cementifichiamo le sponde dei fiumi. Produciamo dighe. Tagliamo boschi. Inquiniamo laghi. Dobbiamo visto anche interventi in cui, utilizzando criteri diversi, si può migliorare, "truccare" l'azione devastante, dissonante e contrastante con l'ambiente limitrofo. Si possono mimetizzare gli effetti perversi di una frana, di uno smottamento, di un alveo cementato. Lo sviluppo e il progresso impongono una continua aggressione all'ambiente naturale. Possiamo fare di tutto per tentare di non sconvolgere troppo l'ambiente, ma l'aggressione resta, l'entropia aumenta.

Sviluppo e progresso in Italia sono stati e sono sinonimo di produzione edilizia. Quando si costruisce, l'economia è florida. Come con l'auto. Più case, più auto, più strade si facevano e maggiormente si credeva di poter aumentare la nostra ricchezza, entrare più speditamente nella modernità. Il progetto del paesaggio diventa questione di metodo. E di programma, di pianificazione. Finita la rivoluzione industriale, sottolineati i fallimenti della creatività (tecnica e\o artistica) dell'uomo sulla natura, compresi e accettati i limiti delle nostre risorse, non possiamo che codificare, per ora schematicamente, la metodologia d intervento sul paesaggio.



Mantenere ciò che resta ancora integro. Restaurare e ripristinare non con interventi mimetici, bensì ristabilendo le condizioni originare dei luoghi deturpati. Ad esempio, la terra bonificata (con i prosciugamenti meccanici, le idrovore) deve ritornare valle o palude. I l bosco deve ritornare a essere un bosco, il prato un prato. E l'alveo di un fiume non può essere cementificato.



Si continui pure a disquisire su ambiente naturale e paesaggio. Non si dimentichi però che l'ambiente naturale e il paesaggio sono parte integrante di noi stessi. Se li distruggiamo ci uccidiamo; perdiamo noi stessi.

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