La camera ottica 1/3
- angelolanzetta
- 22 lug 2019
- Tempo di lettura: 3 min
parte 1 di 3
Il secolo concluso ha calpestato il paesaggio, fino ad alterarne il significato; la relazione che prima c 'era fra spazio costruito e spazio naturale si è trasformata in un semplice processo di agglomerazione sistematica dei vuoti lasciati dal non-costruito . Così come senza campagna non c'è città, senza un progetto ben definito e strutturato non ci può essere futuro.
Nella foga dell'ottimizzazione delle risorse e del tempo, il famoso detto "massimo profitto con il minor sforzo" , è divenuto una sorta di inno alla vita; quei piani di assetto a lungo termine, che equilibravano e strutturavano la crescita delle città, ormai sono del tutto crollati. Le nuove tecnologie impongono alla società la logica del "tempo reale" e l'orizzonte del breve termine.
Non esiste più un ultimo orizzonte in senso leopardiano, ma solo un ultimo orizzonte da raggiungersi nel minor tempo possibile, poiché la concorrenza e lo sviluppo di nuove metodologie costruttive hanno attuato questa frenetica corsa al "migliore" e "economico ".
Leopardi guardava oltre la siepe in cerca di un orizzonte da raggiungere; la sua catarsi interiore si attuava attraverso un raggiungimento dell'infinito che si esplicava però dopo la presa di possesso del proprio essere finito, punto di partenza della propria esistenza ed esperienza, sociale e interiore. Attraverso l'immaginazione e la propria predisposizione, egli giunge dalla finitudine della siepe solitaria sul colle all'immensità di quel ultimo orizzonte tanto agognato quanto desiderato. Così la precarietà dell'uomo era vista come un punto di partenza per il raggiungimento di quel senso di infinito che riempie l animo umano, saziandone l attitudine al nuovo e all'inatteso . La fine o la morte era visto non come un elemento mentale occlusivo, ma come una presa di coscienza di quel carpe diem che attuato in senso consapevole e giusto avrebbe portato a un profondo risvolto interiore. Così, seppur veniva a far parte dell'essere umano quel senso di impotenza di fronte all'infinito intangibile, tale sentimento di tristezza diveniva elemento catartico dell'esistenza umana, tale che, utilizzando le sue stesse parole, il poeta di Recanati affermava che "naufragar m è dolce in questo mare" .
Ai giorni nostri questa attitudine, o meglio volontà di estensione verso l'infinito parte dal presupposto della caducità della vita umana; il bisogno di un termine compatibile con la nostra esistenza si è fatto sempre più presente nella nostra vita. Così è cambiata anche la misura del tempo e la sua concezione sociale; le ere e i secoli calcolati dagli antichi egizi, le costellazioni che avrebbero guidato la vita sociale e politica degli antichi Maya, si sono trasformate e ridotte in giorni lavorativi, ore di occupazione, minuti di pausa. L'orizzonte umano ha trovato una nuova misura del tempo, adatta alla propria esistenza di singolo individuo di questo mondo. Questa metamorfosi sensoriale del tempo fa ormai parte della nostra vita e delle nostre città; essa equilibra e governa lo sviluppo territoriale e sociale, conferendone pregi e difetti conseguenti alla propria giusta o non funzionalità.
Il secolo trascorso ha soprattutto sottratto spazio ai nostri territori, affidando al nuovo secolo il dilemma della finitudine dello sguardo dell'uomo; come lo spazio e l'estensione esistenziale umana è finita, così anche lo spazio sta riducendosi costantemente nel tempo. L'orizzonte si è sempre più accorciato, seppur paradossalmente la vita dell'uomo si è allungata notevolmente. Ciò denota che non è una questione di valori o bisogni e necessità, ma semplicemente una questione di traduzione e applicazione di nuovi concetti nella vita moderna; nel passato una battaglia non era vinta per la quantità di uomini che un esercito possedeva, bensì per la qualità dei soldati e soprattutto per l'organizzazione generale dell'intera truppa.
Dunque qualità, e non quantità; ma uno spazio vasto da occupare e un ristretto tempo da utilizzarsi rendono questi equilibri ribaltati secondo una normale presa di posizione moderna.
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