La camera ottica 3/3
- angelolanzetta
- 22 lug 2019
- Tempo di lettura: 3 min
parte 3 di 3

Il paesaggio, come rappresentazione dell'infinito interiore, inserisce dentro il quadro la conoscenza del paesaggio tragico, ma è, almeno temporaneamente, un ordine "tela-camera". Egli cerca di cogliere nelle sue opere quell'irraggiungibile orizzonte, contenitore di per sé di quel senso di infinito che tanto anelava Giacomo Leopardi.
La questione della distanza è, per l'artista, centrale. Le sue figure, infatti, non sono parte del paesaggio, ma lo osservano. Sembra esistere una doppia specularità, tra chi osserva e chi è osservato ed il punto di fuga potrebbe dirsi anche ribaltato, come se il paesaggio guardasse la figura, a sua volta contemplata da un terzo osservatore. Nelle sue opere tragedia, teatro, deformazione ottica mettono in scena la vicenda di un infinità non raggiungibile. Friedrich sa che non può raggiungere l'infinito nel finito, ma lo cerca incessantemente. Questa dialettica permea la sua esistenza, così come quella delle proprie opere e rappresentazioni; il punto di vista cambia in tal modo la sua essenza più intima, ribaltando quel consueto modo di vivere e di intendere le cose che aveva avvolto per così lungo tempo la cultura e la società del Vecchio Continente.
Emblematica svolta di questo cambiamento prospettico del punto di vista, non solo in senso artistico ma anche e soprattutto sociale giunge nel rivoluzionario metodo pittorico creato da Braque e Picasso; sebbene apparentemente astratta e geometrica, lo spazio e il tempo cubista sono rappresentati in modo "iper-reale" sulla tela, in modo da mostrare simultaneamente i diversi lati di una forma osservati da più punti di vista. Tale riassestamento dei rapporti fra forma e spazio cambiò in modo radicale il metodo di approccio alla realtà non solo sensoriale, ma anche tangibile e concreta della società moderna.
Lo sviluppo tecnologico e costruttivo affascinò così tanto agli inizi del '900 un gruppo di artisti italiani, che le loro opere divennero permeate dal quel senso di modernità e spettacolarità dinamica che la rivoluzione industriale aveva introdotto in Italia. Una delle principali caratteristiche dei futuristi era la ricerca del movimento e della velocità; l'effetto raggiunto attraverso la sovrapposizione sequenziale di immagini rappresentanti lo stesso oggetto, mutò il modo di vedere e intendere le cose. Così il gesto, l'essere, l'attimo, divennero elementi essenziali nella crescita e nello sviluppo della nuova cultura moderna; come per i futuristi, così nell'architettura la tendenza alla dissoluzione delle convenzioni compositive e strutturali porta l'oggetto architettonico ad assumere l aspetto di specchio della società.
Così come Boccioni, in singolare aderenza al proprio dinamismo, intrappolava le masse muscolari trasformate dal movimento e dalla velocità in nuovi agglomerati plastici, liberamente interrelati nella concezione architettonica in cui spazio e figura, moto e forma sono reciprocamente fusi e percepiti, così l'architetto californiano F.O.Gehry coglie nei suoi edifici il dinamismo della città futurista e l'energia esistenziale con cui la pittura cubista di Braque e Picasso scomponeva lo spazio tridimensionale.
Allo stesso modo Eisenman, dialogando e ascoltando la natura e lo spazio, cerca di istituire con esso uno stretto dialogo che porti ad una dualità compartecipante allo sviluppo progettuale; spazio inteso come unione fra uomo e natura, legati assieme dal tempo che ne scandisce sviluppo e crescita. Egli coglie l'essenza intrinseca delle tracce che il tempo ha lasciato sul luogo, trasformandole e traducendole attraverso la propria sensibilità e il proprio spirito in oggetti concreti e tangibili.
In tal modo l'infinito diviene finito; l'intangibile diviene tangibile.
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