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Il progetto del passato 3/4

parte 3 di 4


Lo spazio del centro storico non è quello racchiuso all'interno delle mura (quasi sempre abbattute). Lo spazio del centro storico comprende anche (e in modo determinante) ciò che resta inalterato dell ambiente naturale di sua pertinenza. In Italia (in generale in Europa) città e campagna costituivano un binomio inscindibile. E stato scisso per ragioni di necessità. Non dimentichiamoci che, trenta-quaranta anni fa, solo il monumento, isolato dal suo contesto, era degno di riguardo. Il passaggio dal monumento al centro storico (da intendere come unico monumento nonostante i guasti subiti, guasti da risanare con il restauro urbano) ha comportato la scelta di un limite.



Ha imposto di escludere la campagna. Ormai di naturale, specie attorno alle città storiche, c'è poco o nulla. Ma quel poco dev'essere salvaguardato e incluso nel processo di manutenzione che deve caratterizzare la politica necessaria per restaurare e ripristinare il centro storico.  E' cambiato completamente il concetto di città. La città del prossimo futuro non può essere omologata alla città del passato. Neppure all'idea di città che si aveva un quarto di secolo fa. Le città italiane si sono espanse a tal punto da diventare aggregati urbani. Il rapporto del centro con la campagna è stato ulteriormente stravolto. Si è incominciato a discutere e ad operare nei centri storici, nella città pre-industriale, quando si era ormai al crepuscolo della città industriale. Ora si è a un nuovo punto di svolta, a un cambiamento epocale. La città che, per comodità, definiamo post-industriale, impone una nuova visione dell'assetto delle permanenze storiche e pone un limite rigoroso alla ulteriore crescita dell'edilizia. 



Il centro storico muta nella sua doppia articolazione di  monumento e di territorio. Alla campagna architettonica, nell'ambito delle zone storiche non variate, si deve associare anche il territorio agricolo-naturale paesaggisticamente immutato. Il tempo ritorna a essere una discriminante non solo perché ogni città (come ogni civiltà del passato) aveva un suo tempo, quanto per il riconoscimento della diversità del centro e della campagna rispetto alle zone esterne, alle zone di periferia. Ecco allora che lo spazio del territorio da connettere alla città storica si deve associare la nozione del tempo, quale componente della struttura urbana e della campagna storica. Struttura consolidata quando il tempo era ancora ciclico. Il tempo, il ritmo delle stagioni, il susseguirsi delle opere e dei giorni, si ripeteva uguale a se stesso. La città, al pari di chi l'abitava, invecchiando, nell'accumulo del ricordo, arricchiva la sua conoscenza, la sua cultura.



La città si evolveva stratificandosi, accumulando esperienze. Oggi invece vige la concezione progressiva del tempo. Oggi il tempo è una freccia scagliata in un infinito senza meta. Si ritiene che la città storica abbia concluso il sedimento della cultura e, quindi, possa essere accantonata, rigettata ovvero trasformata.



C'è sempre un ulteriore progresso da compiere. C'è sempre un invenzione che finalmente può rendere la città veramente e nuovamente moderna.



Sappiamo che non è così. La modernità non si è manifestata con le moderne costruzioni, i moderni allargamenti stradali, i moderni mezzi di trasporto motorizzati. Le componenti spaziali e temporali possono stabilire nuovi canoni di lettura e nuovi modelli per reinterpretare il territorio storico. La risposta alla domanda iniziale (che cos'è il centro storico) la fornisce il possibile e sostenibile assetto della città futura. Naturalmente la città del passato, la città pre-industriale, è molto cambiata in questi trent'anni di discussione. I sottotetti non ancora distrutti da panoramiche terrazze sono diventati monolocali per docenti, studenti e single. Molte botteghe banche. Quasi tutti i caffè sono sostituiti da bar o da banche. Non esistono più artigiani. La città storica non è più una realtà vissuta dai suoi abitanti.



Non è più luogo in cui i solitari possano sentirsi attratti dalla folla di una processione o di un comizio. Non è più il posto in cui si ritrovano persone con fisionomie sociali diverse. Non ci sono più strade. Le auto parcheggiate hanno privatizzato le strade che,  per loro definizione, erano pubbliche e appartenevano alla collettività.



Il centro storico, lo si deve constatare con amarezza, ha in gran parte perduto le sue dimensioni umane. E' esistito; forse non esiste più. Gli stessi argomenti valgono per la campagna.  

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